“Com’è noto, la tendenza più moderna della storia dell’arte è rappresentata dalla trattazione dei periodi artistici, anziché delle individualità. Essa ha recato preziosi contributi, e promette di svilupparsi favorevolmente. Ad una condizione, tuttavia: che giunga ad illuminare l’individuo, la sua libertà, il suo diritto di essere diverso da tutti, maestri e compagni. Altrimenti la nozione di cultura soffocherebbe la coscienza della creazione, e la comprensione dell’arte verrebbe meno. Il caso Crivelli è appunto significativo, perché una concezione ristretta del Rinascimento ha reso difficile di riconoscere in lui un grande e personale artista.”
(Lionello Venturi, 1961)
Sfuggito per secoli alla storiografia artistica, perché troppo periferico e controcorrente rispetto al naturalismo imperante del Rinascimento, Carlo Crivelli venne riscoperto solo durante il Settecento, attraverso il vivace, quanto tragico, mercato antiquario delle opere d’arte.
Nato a Venezia attorno al 1430, la sua formazione risentì della contemporanea cultura pittorica padovana basata sulla scuola dello Squarcione, di Mantegna e dello Schiavone. Questi furono i suoi primi e più immediati riferimenti , che poté conoscere tramite l’insegnamento di Antonio e di Bartolomeo Vivarini, all’epoca attivi a Venezia.
Nel 1457 una liaison dangereuse con la moglie di un marinaio gli costò una condanna a sei mesi di carcere per adulterio e concubinaggio. Con questa fosca vicenda giovanile, si concluse la presenza di Crivelli a Venezia che si trasferì prima in Dalmazia, a Zara, e poi nelle Marche, dove prese dimora ad Ascoli.
Nel territorio marchigiano l’artista guadagnò fama ed onore: la sua pittura originalissima fu largamente apprezzata e fu scelta anche per importanti momenti celebrativi delle città. L’esiliato veneziano trovò una patria adottiva assai generosa nei suoi riguardi, così sollecita nel mettere a frutto la sua straordinaria abilità pittorica.
Le licenze tardogotiche, l’eccesso decorativo, la squillante stesura cromatica, lo scattante linearismo, unito al rigore spaziale e compositivo, fecero del Crivelli un caso unico del Quattrocento italiano, un isolato dal tocco elegante e personalissimo.
Pur risentendo delle influenze della cultura veneta, egli interpretò in modo metafisico l’usuale concezione figurativa, rinnovando così il tradizionale repertorio di santi, vergini e madonne.
Nel mondo di Crivelli le suggestioni bizantine si unirono alle scoperte dell’umanesimo dando vita ad un’insolita realtà iperbolica, dove frammenti di verità risultarono trasfigurati in ipotesi di realtà astratta e soggettiva. Un mondo totalmente inventato, dunque, che dava voce a stati d’animo in crisi, inquietudini non confessate e turbamenti laceranti, alla ricerca di una verità suprema ed inafferrabile.
Crivelli dipinse sempre e solo soggetti sacri, ma la sua fantasia pungente seppe trasformare i monotoni temi religiosi in ricchi e preziosi repertori di moda: le sue madonne sono tra le più ricercate nell’abbigliamento, con tessuti lavorati di perle, e tra le più raffinate nelle acconciature, con capigliature elaborate impreziosite di gioielli.
Le madonne e i santi del Crivelli appartengono all’universo ultraterreno, così irraggiungibili ed irripetibili, lontani nel tempo e nello spazio, come icone che svettano nell’alto dei cieli: astratti simboli memori della fissità tipica dei mosaici di San Marco, chiesa della sua città natale.
In Crivelli gotico e rinascimento si fusero per dare origine ad un umanesimo diverso, un umanesimo dove il dato narrativo fu trasfigurato in un dato mentale fortemente stilizzato. Anche l’adozione della forma del polittico ci dice molto su questo artista ancora legato ad una struttura arcaica, pur entro una matura visione dello spazio compositivo d’insieme: lo sfarzo e la minuzia della tradizione bizantina, immersa nella pulsante vitalità rinascimentale.
Antico e moderno trovarono, così, un punto d’incontro esclusivo ed irripetibile, una scelta stilistica alquanto originale che portò l’artista a rinchiudersi nella solitudine di un perfezionismo formale sempre più teorico, fino tramutarsi, in certi casi, in un prezioso virtuosismo fine a se stesso.
L'articolo Carlo Crivelli: l’eretico del Rinascimento sembra essere il primo su barbarainwonderlart © Barbara Meletto.